Amsterdam, una città che ho desiderato tanto vedere e che meno mi a lasciato, se non la sensazione di non aver potuto godere a pieno della sua bellezza, senza però capirne il perché. Bisogna ammettere che il tempo che ci ha accolto una volta arrivati ad Amsterdam non è stato proprio dei migliori. Una forte ventata di aria fredda e umida ci ha fatto velocemente correre alla ricerca di felpe e giacchetti che tenevamo sul fondo dei nostri zaini non credendo ci sarebbero serviti tanto presto. Il cielo grigio e pesante, un tutt'uno con l'acqua dei canali e dell'asfalto, ha avuto un forte impatto su noi che venivamo da città in cui già si sudava per il caldo; la pioggia l'avevamo dimenticata già da settimane. Solitamente però, questo tipo di clima, il cielo plumbeo e la pioggerellina leggera, è tra i miei preferiti, per questo non capisco la reazione che il mio corpo ha avuto di lì a poco. Sarà stata la stanchezza del viaggio, la fame - poiché partiti in mattinata e
Basta poco per cambiare una giornata, per renderla un po' meno grigia e piovosa. Basta veramente poco. Come quando, arrivando in ufficio con i vestiti fradici per la camminata sotto il diluvio, un mio superiore mi dice: «Ti vedo bene». E io lì, con la faccia di chi pensa di essere preso per il culo, mi lascio scappare dalle labbra un incredulo "perché". «Boh mi sembri felice, è bello». Devo ammettere di non aver saputo trattenere un sorriso e sì, ho sentito una strana energia pervadermi e scaldarmi da quei sentimenti freddi che fino a pochi istanti prima mi avevano fatto credere che non avrei trovato modo di risollevarmi il morale. O quando, qualche ora più tardi, dopo aver rischiato una multa e passato ore in sala d'attesa dal medico, durante la visita questo mi chiede: «Allora, cosa stai studiando ultimamente?» Comincio ad illustrargli tutti gli esami che mi mancano, preparandomi alle solite battutine sui miei studi a cui ormai ho fatto l'abitudi